Con due spalle da nuotatrice e un’altezza da giocatrice di basket,
Kathryn Bigelow ha riempito la scena del Kodak Theatre,
prima donna in ottantadue anni ad aggiudicarsi la statuetta per la miglior regia. Ci è arrivata con il suo ottavo lungometraggio in quasi trent’anni di carriera,
The Hurt Locker (locuzione gergale che indica la cassetta dentro cui tornano in patria gli oggetti personali dei soldati morti all’estero) presentato a Venezia in concorso nel 2008, uscito in sordina in Italia ma senza grande successo nemmeno negli Usa.
Dopo 82 anni non è un uomo ad aggiudicarsi la statuetta per la miglior regia.
A The Hurt Locker sono andate sei statuette tra cui, oltre quella per miglior film e miglior regia, quelle per la migliore sceneggiatura originale, miglior montaggio, miglior suono, miglior montaggio del suono. La strada per l'Oscar fatta dal film della Bigelow è molto lunga: uscito nel 2008 e presentato alla mostra del cinema di Venezia, è uscito in sordina in Italia ma ha costruito il proprio riscatto in un momento in cui la guerra in Iraq è un tema quasi tabù per Hollywood. The Hurt Locker racconta la storia di una squadra di artificieri impegnata in Iraq e in particolare la dipendenza di uno di loro dalla scarica di adrenalina che gli trasmette disinnescare gli ordigni preparati dalla guerriglia irachena.
LA DEDICA - «È il giorno più bello della mia vita» ha detto la Bigelow, che ha voluto dedicare il suo film «a tutti gli uomini e le donne che portano un'uniforme in ogni parte del mondo. E non soltanto i soldati ma anche i vigili del fuoco che sono sempre pronti per noi quando serve».